Onorevole, ci rivolgiamo direttamente a lei perché ultimamente alcune scelte sue e dell'Italia dei Valori ci hanno lasciato un po’ perplessi. Premesso che è da tempo che sosteniamo le sue battaglie, basta vedere il sondaggio in merito al voto europeo per capire che i nostri lettori voteranno per lei. Ma noi siamo elettori esigenti. Siamo elettori informati. E sono informati i nostri lettori. Ciò detto le poniamo queste domande, sperando di poter avere una risposta, che saremmo lieti di pubblicare nel nostro piccolo blog. 1) E’ vero che avete approvato in commissione l’acquisto di 131 caccia nucleari F35 per una spesa di 15 miliardi di euro? Sono aerei da aggressione, che servono per sbaragliare le difese nemiche. Lei conosce bene quello che dice la nostra Costituzione nei confronti della guerra di aggressione, visto pure che, con il nostro plauso, IdV ha votato contro quella parte del Trattato di Lisbona in cui si legittima la guerra di aggressione (o preventiva, ma è la stessa cosa). 2) Perché si è candidato come capolista alle europee? Questa mossa sinceramente non trova spiegazioni. Un solo motivo per non farlo? E’ quello che ha fatto Berlusconi. Tra tutte le liste che sono state presentate quella di IdV è di gran lunga la più seria. Consideriamo un onore immenso avere la possibilità di votare una persona della caratura di Luigi De Magistris. Non bastavano questi elementi per avere la certezza di un buon risultato alle urne? Non è un piccolo inganno ai suoi elettori? 3) Perché si è avvalso dell’immunità del Parlamento Europeo? Lei ci ha dato sempre prova della sua onestà, e capiamo che la denuncia civile a cui deve far fronte è pretestuosa, visto che lei ha già riconosciuto il suo errore, e si vuole come al solito intimidirla. Ma proprio per questo perché avvalersi dell’immunità? Se pure dovesse perdere dovrebbe giusto rinunciare a un po’ di soldi, ma non alla stima di chi la segue. 4) A quando un congresso vero e proprio e la rimozione del suo cognome dal simbolo? Siamo convinti che per fare il definitivo salto di qualità IdV dovrebbe emanciparsi dal suo nome. Siamo convinti di riflettere l’idea di molti suoi elettori dicendo che vogliamo un’Italia dei Valori CON Di Pietro, non DI Di Pietro. Un cordiale saluto, lo staff di Generazione V.
SEGNALAZIONI DALLA RETE sull'argomento:. 1] Sull'immunità: LaStampa (leggi), dal Parlamento Europeo (link 1, 2), ilRiformista(leggi), Facci (leggi), DAW (leggi) 2] Sui caccia F35 (link 1, 2)
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16 commenti:
Anonimo
ha detto...
Comunistacci schifosi dovete scomparire!! W DI PIETRO !!!!
Il commento anonimo sembra suggerire due riflessioni, non nuove per altro. La prima è che sen non ci fosse stata la circostanziale "antipatia" per Berlusconi, Di Pietro e l'IDV sarebbero un partito sostanzialmente di destra... La seconda è che facciamo una fatica immensa a toglierci di dosso la maglietta da "tifoso" di questa o quella parte politica, finendo sempre e solo per prendercela con la squadra avversaria o con l'arbitro se loe cose non vanno come vogliamo, persistendo pervicacemente ad ignorare le nostre responsabilità ed i nostri errori. Ci cerchiamo un nuovo profeta lo divinizziamo e poi ci rifiutiamo di scoprire che lui è umano come noi. Preferiamo il mito del superuomo alla certezza degli ideali, quelli sì, immutabili e incorruttibili in quanto tali. Dico questo come uno che per le battaglie dell'IDV (spesso mutuate da quelle di Grillo, anch'egli accomunabile in queste valutazioni).
Dico questo come uno che per le battaglie dell'IDV (spesso mutuate da quelle di Grillo, anch'egli accomunabile in queste valutazioni) ha sempre avuto più d'una simpatia...
Personalmente sono d'accordo sul punto 4 e su un eventuale grosso congresso quando il partito lascierà definitivamente le vesti personalistiche che, per fortutna, lo hanno consacrato e dato credibilità. Partendo da questa considerazione infatti ritengo che il nome di dipietro sia ancora utile (è semplicemtente una questione di strategia politica) e nn concordo invece sul punto 2 poichè anche quella franceschiniana è solo una strategia politica(il pd agisce i questo modo perche effettivm nn ha un leader...sennò l'avrebbero fatto pure loro.) Sono parzialemte d'accordo sul punto 3 ma fino ad un certo punto perche cmq in un sistema partitico corrotto dalla base nn si puo pretendere che il più onesto sia l'unico sotto la lente di ingrandimento...cmq prentendere le spiegazioni mi sembra piu che legittimo e doveroso. Sul punto 1 nei bilanci di qualsiasi stato democratico e non sono normali e sempre devono essere destinati al bilancio della difesa un tot per la spesa militare...pensare che la difesa della pace posso avvenire semplicemente disarmandosi, nel mondo di oggi, mi sembra purtroppo pura utopia. Roberto C.
Quoto Paolo Melis. L'anonimo che ha lasciato il suo commento probabilmente non si rende conto di essere identico ai berluscones. Questo blog ha sempre sostenuto le battaglie di Di Pietro, e proprio per questo si sente in diritto di chiedere spiegazioni. E' lui che si è posto come il politico trasparente, che non ha non ha nulla da nascondere. La politica non è una fede, non è che una volta che uno raggiunge il nostro consenso lo tiene per sempre. Se lo deve meritare. Giorno per giorno. Per Roberto: difesa della pace? Gli F35 sono caccia che servono per sbaragliare le difese nemiche, e sono anche in grado di trasportare e sganciare ordigni nucleari. Si è detto che questa manovra serve per uscire dalla crisi economica. Cosa che si disse anche dopo la crisi del '29...e a cosa portò? Alla seconda guerra mondiale.
@ Val, Di Pietro non si è servito dell'immunità, semmai dell'insindacabilita (visto che non si tratta di un reato penale) e non siamo sicuri che vi fosse una via per poter rifiutarsi di avvalersene. IDV non è di sinistra ma candida persone di sinistra e porta avanti battaglie che dovrebbero essere di sinistra...di certo non è un partito fascista...e neanche conservatore..
sul congresso andrebbe fatto ma per adesso la struttura attuale permette di "defenestrare" facilmente eventuali approfittatori che si possono sempre infilare nel partito per trarre vantaggi personali e svuotarlo dei valori fondanti....
Chiaraliv la tua è un'analisi lucida e condivisibile, ma proprio per questo si spera che Di Pietro risponda a queste domande per dirci la sua su questi aspetti.
Però lasciare queste domande su questa pagina non ha senso. Bisognerebbe porle direttamente a lui. GLi si può dir tutto però in quanto a dialogo e rapporto diretto con l'elettore non ha eguali!
Di Pietro ha già deciso di togliere il suo cognome dal simbolo del partito, potete leggerlo in questa bella intervista fatta da Luca Telese: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=347028
Questo è un articolo che ho trovato in un giornale ("Il Giornale), lontano dalle mie idee, ma che potrebbe aggiungere un'altra domanda.
Non sa bene cosa sia l’amicizia, men che meno la riconoscenza. Sarà per questo che nel tempo Antonio Di Pietro ha tradito persone che gli volevano bene, che si sono «spese» per lui o che hanno sposato la sua causa al punto da sacrificare tempo, affetti e quattrini. Spessissimo il motivo scatenante dei divorzi sono stati i soldi, sotto forma di risarcimenti elettorali o spese vive per il partito. Secondo Alberico Giostra, autore del libro Il Tribuno, edito da Castelvecchi, «il leader dell’Idv è spesso mosso da un primordiale senso di difesa del proprio interesse e tutta la sua biografia è punteggiata da episodi che hanno il denaro come ingrediente essenziale dei conflitti con le persone con le quali è associato».
Proprio per la gestione delle finanze del partito l’ex pm non si parla più da anni - se non attraverso gli avvocati - con Mario Di Domenico, un fedelissimo di vecchissima data, cofondatore dell’Idv. Per via della distribuzione dei rimborsi elettorali europei ha tranquillamente mandato all’aria il rapporto con l’amico di sempre, Elio Veltri, che l’ha trascinato in tribunale (la causa è ancora in piedi) insieme ad Achille Occhetto e Giulietto Chiesa. Sempre in relazione alla (mancata) spartizione degli indennizzi agli alleati, Tonino ha fatto infuriare giudiziariamente Giuseppe Pierino, promotore del listone di centrosinistra «Progetto Calabrie» che ha corso con l’Idv alle ultime regionali: aperte le urne, conteggiati i voti, al momento di incassare il rimborso (85mila euro) ogni riferimento a Pierino è sparito nell’autocertificazione presentata alla Camera: «Ha tradito il patto elettorale solo per tenersi i rimborsi, non abbiamo visto un centesimo», l’attonito commento del politico calabrese.
In Friuli l’ex militante Alessandra Battellino nel 2003 siglò un accordo col presidente Illy in base al quale ogni partito avrebbe poi ceduto una parte dei rimborsi al candidato-presidente: vinte le elezioni, tutti rispettarono l’impegno preso. Tranne uno: Antonio Di Pietro. Che fece il bis con la candidata alla Provincia di Genova, Anna Maria Pannarello, che dovette rimborsare di tasca sua il presidente Repetto. E che dire di Aldo Ferrara, ex coordinatore del partito in Toscana, reo d’aver criticato la gestione autocratica del partito di Tonino con consueto strascico di conti da pagare. «Ero tra i candidati del 2001 - racconta - e come era prassi pagai una quota al partito per la mia candidatura: 50 milioni di fideiussione, lasciapassare per accedere in Parlamento, versamento intestato alla tesoreria dell’Idv. Uscii dal partito il 31 gennaio del 2001. I 50 milioni li ho rivisti solo dopo un braccio di ferro estenuante con la banca e con la signora Mura che non volevano restituirmi il denaro. Ci sono voluti sei mesi. I soldi che non vidi mai più invece furono i 40 milioni spesi da me per la gestione delle spese in Toscana».
Il vicequestore della Dia, Giovanni Aliquò, ancora non si capacita della presa in giro elettorale: «Dopo le elezioni del 2001 riportai alla corte d’Appello di Napoli le spese sostenute pari a 6 milioni di lire, spese documentate fattura per fattura. Non solo non ho visto la minima organizzazione per la ripartizione dei fondi, ma non ho più rivisto una lira. È una cosa che credo sia successa a tutti quelli che non fanno parte della cricca di Di Pietro». Salvatore Procacci, ex capo Idv in Umbria, iniziò a stare sulle scatole a Tonino non appena chiese che almeno gli venissero rimborsati i 20mila euro spesi per mandare avanti il partito. E a proposito dell’intesa elettorale in Umbria nel 2005 (vantaggiosa per Di Pietro in danno dei Verdi di Pecoraro Scanio) Procacci ha confessato: «Di Pietro ha sempre avuto una fissazione per i rimborsi elettorali e in un modo o nell’altro riusciva sempre a ottenere quel che voleva. Con lui bisognava stare attentissimi a quello che ti faceva firmare, bisognava leggere tutto, dall’inizio alla fine, senza tralasciare nulla». Batte cassa da anni anche Wanda Montanelli, ex coordinatrice delle donne Idv, che si domanda dove siano finiti i 600mila euro iscritti negli ultimi bilanci del partito: «Nessuna delle donne del partito ha mai visto un centesimo», ha spiegato in tribunale. Domenico Porfido, corregionale di Tonino, non è rientrato di nessuno degli 84 milioni di lire spesi in campagna elettorale. Così come Lorenzo Lommano che s’è indebitato di 25 milioni di lire per aprire la sede di Campobasso, o come Dante Merlonghi che ha staccato assegni per 40mila euro e acceso un mutuo per 15mila per far fronte alle spese elettorali del 2005. Nel Tribuno di Alberico Giostra si fa riferimento anche a tal Pietro Sansini di Piacenza, primo assessore dipietrista d’Italia, e ad Angela Zeoli ex coordinantrice di Benevento, che non si sono visti rimborsare le spese di luce, gas, acqua, riscaldamento e telefono delle rispettive sedi.
E se Angelo Mancini, factotum Idv a Bologna, è stato cacciato dopo aver chiesto lumi sui bilanci del partito, ai tantissimi che sollecitavano un rimborso è stato risposto picche. A un certo punto sembrava stesse nascendo l’associazione nazionale «I fregati da Di Pietro». Non gli risulta che ci sia, «ma se ci fosse ne farei parte volentieri» spiega al Giornale Beniamino Donnici, eurodeputato, uno dei tanti presi in giro da Tonino. BDKK
C’è da rivalutare Kim il Sung per la sua modestia e le acque del Gange per la loro trasparenza, dottor Di Pietro: non ci viene nessun altro paragone rispetto alla sua personalistica gestione del Partito e rispetto all’oscuro statuto interno che sino a prova contraria (e ce la mostri questa prova contraria, dottor Di Pietro) fa di lei il percettore unico di milioni di euro che erano stati previsti a sostegno di organismi democratici, lo sappia: non della sua familistica saccoccia. Lei, dopo essersi rimangiato la consueta minaccia di querele, aveva detto che avrebbe modificato lo statuto, e a un certo punto ha detto semplicemente che ok, l’aveva fatto: si potrebbe saperne di più? Dovremmo fidarci? Vogliamo scherzare? Fidarci di uno che ha modificato i suoi comportamenti da furbastro solo quando è stato beccato col sorcio in bocca? Ci stiamo riferendo solo ai suoi intrallazzi di partito, tranquillo, non alle conclamate balle su prestiti & favori che lei raccontò al Paese e persino ai suoi colleghi del Pool. Stiamo parlando per esempio del mutuo delle sue case di Roma e Milano che lei faceva pagare al Partito sotto forma di affitto, la circostanza la svergognò persino agli occhi del suo Ugo Intini ad personam, Marco Travaglio: promise di non farlo più, e invece, perlomeno a Roma, lo fa ancora. Stiamo appunto ritornando all’unico partito delle vicine galassie di cui un solo organismo cellulare (lei) è formalmente proprietario e nel cui consiglio si può accedere solo con il suo consenso: lei è dunque l’unico al quale andranno tutti i soldi del finanziamento pubblico (il resto del Partito è finanziato coi soldi degli iscritti) e lei rimarrà presidente a vita giacché né gli iscritti né un eventuale vero congresso potranno mai sfiduciarla: se il Partito Nazionale Fascista avesse avuto uno statuto del genere, come ha osservato Alberico Giostra nel libro a lei dedicato, Benito Mussolini il 23 luglio del 1943 non si sarebbe dovuto dimettere. Daccapo, allora: si può vedere l’atto notarile con cui ha sancito la modifica statutaria? Chi l’ha firmato? Sua moglie c’è ancora? Chi l’ha approvato? L’ha approvato qualcuno del Partito, chessò, un’assemblea, o sempre voi dioscuri dell’Associazione? Ah già, l’associazione, una cosa così trasparente che ogni volta tocca rispiegarla. Allora. L’Italia dei valori è affiancato da un associazione costituita da Di Pietro (Presidente) e da Silvana Mura (tesoriera) e da Susanna Mazzoleni (moglie di Di Pietro) nel cui consiglio si può entrare solo con il consenso del Presidente (Di Pietro) al quale andranno tutti i soldi del finanziamento pubblico, questo mentre il Partito e le singole campagne elettorali sono finanziati come detto coi soldi degli iscritti; il presidente del partito corrisponde solo al presidente a vita dell’associazione, cioè di Di Pietro, e la Tesoreria del partito appartiene alla tesoriera a vita dell’associazione, cioè a Silvana Mura, cioè a Di Pietro; né gli iscritti al Partito né un eventuale congresso democratico possono sfiduciare il Presidente, cioè Di Pietro: saluti dalla Corea del Nord. Ecco, è cambiato qualcosa? Sì o no? Non è che avete fatto tutto voi come al solito, ciò che potrebbe non avere alcun valore giuridico? C’è un avvocato, in causa con lei, che già lo sostiene: ma noi no, noi non sospettiamo che lei abbia architettato qualche nuova gabola: noi ne siamo assolutamente certi. Vorremmo soltanto vederla. Aspettiamo la prova contraria. Sino a essa non ci sarà sicuramente nessuno, tantomeno nel suo partito, disposto a credere che lei possa voler rinunciare a dirigere l’attività politica e organizzativa, rappresentare il partito in tutte le sedi, nominare il tesoriere, approvare i rendiconti e i consuntivi, essere titolare del simbolo che lei ha copiato e scippato alla Larus di Bergamo (la casa editrice con cui fece tre libri) e ancora convocare e presiedere l’esecutivo del Partito, costituire e dirigere l’ufficio di presidenza, sovrintendere al centro elaborazione dati, modificare appunto lo statuto, approvare anche gli statuti regionali, commissariare le federazioni, ripartire i finanziamenti, assegnare gli incarichi retribuiti, piazzare il figliolo, essere persino titolare dei siti Internet nazionali e della stampa del giornale di partito: Kim il Sung, e chi sei. Il bello è che l’Italia dei Valori non nacque così com’è adesso: da principio era aperto a più soggetti e quantomeno ai 248 personaggi che lo fondarono a Sansepolcro. Poi, all’insaputa persino del numero due del Partito, ossia quell’Elio Veltri che la conosceva da 14 anni e che infatti le sbatté la porta in faccia, l’Italia dei Valori fu trasformato da Partito a partita a tre. Di notaio in notaio, l’autocrate, cioè lei, giunse all’attuale triumvirato che controlla decine di milioni di euro (e tanti stanno per arrivare) senza nessun controllo di nessun genere da parte del Partito a cui pure sono ufficialmente destinati: a meno di intendere che il Partito sia lui, Di Pietro, cioè lei. E infatti l’unico controllo di bilancio, per ora, lo sta facendo il Giornale. Non s’è mai vista un’assemblea dei delegati (non dico un congresso) e tanti saluti a una legge che lei, Gran Tonino, fingeva sempre di schifare, e che nelle intenzioni, comunque sia, prevedeva dei rimborsi per un partito, non per un’associazione che ha per simbolo il suo codice fiscale. Quindi forza, Gran Tonino, ci dica come stanno le cose, ci dimostri che le sue astuzie da mozzaorecchi non sono servite solo a fare ciò che le ha fatto abbattere una Repubblica: usare il finanziamento pubblico dei partiti per fini che pubblici non sono per niente. Renda tutto pubblico. Ricordi che cosa gli dicevano tutti quei politici nella mitica stanza 254, dov’era il re degli zanza: li ho presi per il partito, dicevano. Ecco, non deve dimostrarci altro.BDKK
blog.generazionev@gmail.com Attraverso questa e-mail potete contattarci, inviarci idee, informazioni e novità oppure direttamente proporci argomenti per un nuovo post. Le migliori segnalazioni saranno pubblicate prima possibile sul blog!
16 commenti:
Comunistacci schifosi dovete scomparire!! W DI PIETRO !!!!
Sottoscrivo la richiesta. I cittadini hanno il diritto di chiedere spiegazioni e i politici hanno il DOVERE di dare risposte!
Il commento anonimo sembra suggerire due riflessioni, non nuove per altro.
La prima è che sen non ci fosse stata la circostanziale "antipatia" per Berlusconi, Di Pietro e l'IDV sarebbero un partito sostanzialmente di destra...
La seconda è che facciamo una fatica immensa a toglierci di dosso la maglietta da "tifoso" di questa o quella parte politica, finendo sempre e solo per prendercela con la squadra avversaria o con l'arbitro se loe cose non vanno come vogliamo, persistendo pervicacemente ad ignorare le nostre responsabilità ed i nostri errori.
Ci cerchiamo un nuovo profeta lo divinizziamo e poi ci rifiutiamo di scoprire che lui è umano come noi. Preferiamo il mito del superuomo alla certezza degli ideali, quelli sì, immutabili e incorruttibili in quanto tali.
Dico questo come uno che per le battaglie dell'IDV (spesso mutuate da quelle di Grillo, anch'egli accomunabile in queste valutazioni).
ops! scusate mancava la conclusione:
Dico questo come uno che per le battaglie dell'IDV (spesso mutuate da quelle di Grillo, anch'egli accomunabile in queste valutazioni) ha sempre avuto più d'una simpatia...
Personalmente sono d'accordo sul punto 4 e su un eventuale grosso congresso quando il partito lascierà definitivamente le vesti personalistiche che, per fortutna, lo hanno consacrato e dato credibilità. Partendo da questa considerazione infatti ritengo che il nome di dipietro sia ancora utile (è semplicemtente una questione di strategia politica) e nn concordo invece sul punto 2 poichè anche quella franceschiniana è solo una strategia politica(il pd agisce i questo modo perche effettivm nn ha un leader...sennò l'avrebbero fatto pure loro.)
Sono parzialemte d'accordo sul punto 3 ma fino ad un certo punto perche cmq in un sistema partitico corrotto dalla base nn si puo pretendere che il più onesto sia l'unico sotto la lente di ingrandimento...cmq prentendere le spiegazioni mi sembra piu che legittimo e doveroso.
Sul punto 1 nei bilanci di qualsiasi stato democratico e non sono normali e sempre devono essere destinati al bilancio della difesa un tot per la spesa militare...pensare che la difesa della pace posso avvenire semplicemente disarmandosi, nel mondo di oggi, mi sembra purtroppo pura utopia.
Roberto C.
Sostengo completamente la richiesta.
Basta con la facile presa in giro di chi si finge a favore del popolo e da dietro firma contro la nostra libertà e la nostra Costituzione.
Incredibile.....ha fatto raccogliere le firme contro il lodo Alfano e lui si serve dell'immunità......
Quoto Paolo Melis. L'anonimo che ha lasciato il suo commento probabilmente non si rende conto di essere identico ai berluscones. Questo blog ha sempre sostenuto le battaglie di Di Pietro, e proprio per questo si sente in diritto di chiedere spiegazioni. E' lui che si è posto come il politico trasparente, che non ha non ha nulla da nascondere. La politica non è una fede, non è che una volta che uno raggiunge il nostro consenso lo tiene per sempre. Se lo deve meritare. Giorno per giorno.
Per Roberto: difesa della pace? Gli F35 sono caccia che servono per sbaragliare le difese nemiche, e sono anche in grado di trasportare e sganciare ordigni nucleari. Si è detto che questa manovra serve per uscire dalla crisi economica. Cosa che si disse anche dopo la crisi del '29...e a cosa portò? Alla seconda guerra mondiale.
@ Val, Di Pietro non si è servito dell'immunità, semmai dell'insindacabilita (visto che non si tratta di un reato penale) e non siamo sicuri che vi fosse una via per poter rifiutarsi di avvalersene. IDV non è di sinistra ma candida persone di sinistra e porta avanti battaglie che dovrebbero essere di sinistra...di certo non è un partito fascista...e neanche conservatore..
sul congresso andrebbe fatto ma per adesso la struttura attuale permette di "defenestrare" facilmente eventuali approfittatori che si possono sempre infilare nel partito per trarre vantaggi personali e svuotarlo dei valori fondanti....
Chiaraliv la tua è un'analisi lucida e condivisibile, ma proprio per questo si spera che Di Pietro risponda a queste domande per dirci la sua su questi aspetti.
Bravi ragazzi stiamo spingendo nella direzione giusta ! QUELLA DELLA LOGICA
bisogna fare un po' di chiarezza su alcune notizie che sono apparse in questi giorni per evitare di fare solo demagogia e populismo.
ecco il link con la relazione della commissione europea per quanto riguarda l'immunità di cui si parla...
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=REPORT&reference=A6-2009-0197&language=IT
certo che se In iTalia stiamo a sentire pure a Facci... siamo proprio rovinati!
Però lasciare queste domande su questa pagina non ha senso. Bisognerebbe porle direttamente a lui. GLi si può dir tutto però in quanto a dialogo e rapporto diretto con l'elettore non ha eguali!
Di Pietro ha già deciso di togliere il suo cognome dal simbolo del partito, potete leggerlo in questa bella intervista fatta da Luca Telese: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=347028
Questo è un articolo che ho trovato in un giornale ("Il Giornale), lontano dalle mie idee, ma che potrebbe aggiungere un'altra domanda.
Non sa bene cosa sia l’amicizia, men che meno la riconoscenza. Sarà per questo che nel tempo Antonio Di Pietro ha tradito persone che gli volevano bene, che si sono «spese» per lui o che hanno sposato la sua causa al punto da sacrificare tempo, affetti e quattrini. Spessissimo il motivo scatenante dei divorzi sono stati i soldi, sotto forma di risarcimenti elettorali o spese vive per il partito. Secondo Alberico Giostra, autore del libro Il Tribuno, edito da Castelvecchi, «il leader dell’Idv è spesso mosso da un primordiale senso di difesa del proprio interesse e tutta la sua biografia è punteggiata da episodi che hanno il denaro come ingrediente essenziale dei conflitti con le persone con le quali è associato».
Proprio per la gestione delle finanze del partito l’ex pm non si parla più da anni - se non attraverso gli avvocati - con Mario Di Domenico, un fedelissimo di vecchissima data, cofondatore dell’Idv. Per via della distribuzione dei rimborsi elettorali europei ha tranquillamente mandato all’aria il rapporto con l’amico di sempre, Elio Veltri, che l’ha trascinato in tribunale (la causa è ancora in piedi) insieme ad Achille Occhetto e Giulietto Chiesa. Sempre in relazione alla (mancata) spartizione degli indennizzi agli alleati, Tonino ha fatto infuriare giudiziariamente Giuseppe Pierino, promotore del listone di centrosinistra «Progetto Calabrie» che ha corso con l’Idv alle ultime regionali: aperte le urne, conteggiati i voti, al momento di incassare il rimborso (85mila euro) ogni riferimento a Pierino è sparito nell’autocertificazione presentata alla Camera: «Ha tradito il patto elettorale solo per tenersi i rimborsi, non abbiamo visto un centesimo», l’attonito commento del politico calabrese.
In Friuli l’ex militante Alessandra Battellino nel 2003 siglò un accordo col presidente Illy in base al quale ogni partito avrebbe poi ceduto una parte dei rimborsi al candidato-presidente: vinte le elezioni, tutti rispettarono l’impegno preso. Tranne uno: Antonio Di Pietro. Che fece il bis con la candidata alla Provincia di Genova, Anna Maria Pannarello, che dovette rimborsare di tasca sua il presidente Repetto. E che dire di Aldo Ferrara, ex coordinatore del partito in Toscana, reo d’aver criticato la gestione autocratica del partito di Tonino con consueto strascico di conti da pagare. «Ero tra i candidati del 2001 - racconta - e come era prassi pagai una quota al partito per la mia candidatura: 50 milioni di fideiussione, lasciapassare per accedere in Parlamento, versamento intestato alla tesoreria dell’Idv. Uscii dal partito il 31 gennaio del 2001. I 50 milioni li ho rivisti solo dopo un braccio di ferro estenuante con la banca e con la signora Mura che non volevano restituirmi il denaro. Ci sono voluti sei mesi. I soldi che non vidi mai più invece furono i 40 milioni spesi da me per la gestione delle spese in Toscana».
Il vicequestore della Dia, Giovanni Aliquò, ancora non si capacita della presa in giro elettorale: «Dopo le elezioni del 2001 riportai alla corte d’Appello di Napoli le spese sostenute pari a 6 milioni di lire, spese documentate fattura per fattura. Non solo non ho visto la minima organizzazione per la ripartizione dei fondi, ma non ho più rivisto una lira. È una cosa che credo sia successa a tutti quelli che non fanno parte della cricca di Di Pietro». Salvatore Procacci, ex capo Idv in Umbria, iniziò a stare sulle scatole a Tonino non appena chiese che almeno gli venissero rimborsati i 20mila euro spesi per mandare avanti il partito. E a proposito dell’intesa elettorale in Umbria nel 2005 (vantaggiosa per Di Pietro in danno dei Verdi di Pecoraro Scanio) Procacci ha confessato: «Di Pietro ha sempre avuto una fissazione per i rimborsi elettorali e in un modo o nell’altro riusciva sempre a ottenere quel che voleva. Con lui bisognava stare attentissimi a quello che ti faceva firmare, bisognava leggere tutto, dall’inizio alla fine, senza tralasciare nulla».
Batte cassa da anni anche Wanda Montanelli, ex coordinatrice delle donne Idv, che si domanda dove siano finiti i 600mila euro iscritti negli ultimi bilanci del partito: «Nessuna delle donne del partito ha mai visto un centesimo», ha spiegato in tribunale. Domenico Porfido, corregionale di Tonino, non è rientrato di nessuno degli 84 milioni di lire spesi in campagna elettorale. Così come Lorenzo Lommano che s’è indebitato di 25 milioni di lire per aprire la sede di Campobasso, o come Dante Merlonghi che ha staccato assegni per 40mila euro e acceso un mutuo per 15mila per far fronte alle spese elettorali del 2005. Nel Tribuno di Alberico Giostra si fa riferimento anche a tal Pietro Sansini di Piacenza, primo assessore dipietrista d’Italia, e ad Angela Zeoli ex coordinantrice di Benevento, che non si sono visti rimborsare le spese di luce, gas, acqua, riscaldamento e telefono delle rispettive sedi.
E se Angelo Mancini, factotum Idv a Bologna, è stato cacciato dopo aver chiesto lumi sui bilanci del partito, ai tantissimi che sollecitavano un rimborso è stato risposto picche. A un certo punto sembrava stesse nascendo l’associazione nazionale «I fregati da Di Pietro». Non gli risulta che ci sia, «ma se ci fosse ne farei parte volentieri» spiega al Giornale Beniamino Donnici, eurodeputato, uno dei tanti presi in giro da Tonino. BDKK
E qui continua con un articolo di Facci...
C’è da rivalutare Kim il Sung per la sua modestia e le acque del Gange per la loro trasparenza, dottor Di Pietro: non ci viene nessun altro paragone rispetto alla sua personalistica gestione del Partito e rispetto all’oscuro statuto interno che sino a prova contraria (e ce la mostri questa prova contraria, dottor Di Pietro) fa di lei il percettore unico di milioni di euro che erano stati previsti a sostegno di organismi democratici, lo sappia: non della sua familistica saccoccia.
Lei, dopo essersi rimangiato la consueta minaccia di querele, aveva detto che avrebbe modificato lo statuto, e a un certo punto ha detto semplicemente che ok, l’aveva fatto: si potrebbe saperne di più? Dovremmo fidarci? Vogliamo scherzare? Fidarci di uno che ha modificato i suoi comportamenti da furbastro solo quando è stato beccato col sorcio in bocca? Ci stiamo riferendo solo ai suoi intrallazzi di partito, tranquillo, non alle conclamate balle su prestiti & favori che lei raccontò al Paese e persino ai suoi colleghi del Pool. Stiamo parlando per esempio del mutuo delle sue case di Roma e Milano che lei faceva pagare al Partito sotto forma di affitto, la circostanza la svergognò persino agli occhi del suo Ugo Intini ad personam, Marco Travaglio: promise di non farlo più, e invece, perlomeno a Roma, lo fa ancora. Stiamo appunto ritornando all’unico partito delle vicine galassie di cui un solo organismo cellulare (lei) è formalmente proprietario e nel cui consiglio si può accedere solo con il suo consenso: lei è dunque l’unico al quale andranno tutti i soldi del finanziamento pubblico (il resto del Partito è finanziato coi soldi degli iscritti) e lei rimarrà presidente a vita giacché né gli iscritti né un eventuale vero congresso potranno mai sfiduciarla: se il Partito Nazionale Fascista avesse avuto uno statuto del genere, come ha osservato Alberico Giostra nel libro a lei dedicato, Benito Mussolini il 23 luglio del 1943 non si sarebbe dovuto dimettere.
Daccapo, allora: si può vedere l’atto notarile con cui ha sancito la modifica statutaria? Chi l’ha firmato? Sua moglie c’è ancora? Chi l’ha approvato? L’ha approvato qualcuno del Partito, chessò, un’assemblea, o sempre voi dioscuri dell’Associazione? Ah già, l’associazione, una cosa così trasparente che ogni volta tocca rispiegarla. Allora. L’Italia dei valori è affiancato da un associazione costituita da Di Pietro (Presidente) e da Silvana Mura (tesoriera) e da Susanna Mazzoleni (moglie di Di Pietro) nel cui consiglio si può entrare solo con il consenso del Presidente (Di Pietro) al quale andranno tutti i soldi del finanziamento pubblico, questo mentre il Partito e le singole campagne elettorali sono finanziati come detto coi soldi degli iscritti; il presidente del partito corrisponde solo al presidente a vita dell’associazione, cioè di Di Pietro, e la Tesoreria del partito appartiene alla tesoriera a vita dell’associazione, cioè a Silvana Mura, cioè a Di Pietro; né gli iscritti al Partito né un eventuale congresso democratico possono sfiduciare il Presidente, cioè Di Pietro: saluti dalla Corea del Nord.
Ecco, è cambiato qualcosa? Sì o no? Non è che avete fatto tutto voi come al solito, ciò che potrebbe non avere alcun valore giuridico? C’è un avvocato, in causa con lei, che già lo sostiene: ma noi no, noi non sospettiamo che lei abbia architettato qualche nuova gabola: noi ne siamo assolutamente certi. Vorremmo soltanto vederla. Aspettiamo la prova contraria. Sino a essa non ci sarà sicuramente nessuno, tantomeno nel suo partito, disposto a credere che lei possa voler rinunciare a dirigere l’attività politica e organizzativa, rappresentare il partito in tutte le sedi, nominare il tesoriere, approvare i rendiconti e i consuntivi, essere titolare del simbolo che lei ha copiato e scippato alla Larus di Bergamo (la casa editrice con cui fece tre libri) e ancora convocare e presiedere l’esecutivo del Partito, costituire e dirigere l’ufficio di presidenza, sovrintendere al centro elaborazione dati, modificare appunto lo statuto, approvare anche gli statuti regionali, commissariare le federazioni, ripartire i finanziamenti, assegnare gli incarichi retribuiti, piazzare il figliolo, essere persino titolare dei siti Internet nazionali e della stampa del giornale di partito: Kim il Sung, e chi sei.
Il bello è che l’Italia dei Valori non nacque così com’è adesso: da principio era aperto a più soggetti e quantomeno ai 248 personaggi che lo fondarono a Sansepolcro. Poi, all’insaputa persino del numero due del Partito, ossia quell’Elio Veltri che la conosceva da 14 anni e che infatti le sbatté la porta in faccia, l’Italia dei Valori fu trasformato da Partito a partita a tre. Di notaio in notaio, l’autocrate, cioè lei, giunse all’attuale triumvirato che controlla decine di milioni di euro (e tanti stanno per arrivare) senza nessun controllo di nessun genere da parte del Partito a cui pure sono ufficialmente destinati: a meno di intendere che il Partito sia lui, Di Pietro, cioè lei. E infatti l’unico controllo di bilancio, per ora, lo sta facendo il Giornale. Non s’è mai vista un’assemblea dei delegati (non dico un congresso) e tanti saluti a una legge che lei, Gran Tonino, fingeva sempre di schifare, e che nelle intenzioni, comunque sia, prevedeva dei rimborsi per un partito, non per un’associazione che ha per simbolo il suo codice fiscale. Quindi forza, Gran Tonino, ci dica come stanno le cose, ci dimostri che le sue astuzie da mozzaorecchi non sono servite solo a fare ciò che le ha fatto abbattere una Repubblica: usare il finanziamento pubblico dei partiti per fini che pubblici non sono per niente.
Renda tutto pubblico. Ricordi che cosa gli dicevano tutti quei politici nella mitica stanza 254, dov’era il re degli zanza: li ho presi per il partito, dicevano. Ecco, non deve dimostrarci altro.BDKK
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